Con la stagione del raffreddore e dell’influenza all’orizzonte e una nuova sottovariante di COVID-19 recentemente individuata, gli esperti di salute temono che il sistema sanitario possa essere nuovamente sovraccaricato.
Ebbene, in questo scenario spicca una recente ricerca secondo cui i sintomi di raffreddore e influenza possono potenzialmente durare quattro o più settimane dopo l’infezione. Lo studio, condotto dalla Queen Mary University of London (QMUL), è stato pubblicato sulla rivista Lancet’s EClinicalMedicine.
Cosa hanno scoperto i ricercatori
I ricercatori hanno confrontato i sintomi a lungo termine tra i soggetti affetti da COVID e quelli affetti da altre malattie respiratorie, come polmonite, influenza, bronchite e raffreddore comune. Tra i 16 sintomi osservati, i più comuni sono stati tosse, mal di stomaco e disturbi del sonno dopo l’infezione iniziale.
I risultati suggeriscono che potrebbero esserci impatti a lungo termine sulla salute associati ad altre malattie respiratorie oltre alla COVID, che non sono state riconosciute, afferma lo studio.
Insomma, sebbene l’attenzione dei ricercatori si sia concentrata sull’esperienza post-COVID, in realtà ci sono anche degli indizi che suggeriscono possibili impatti a lungo termine sulla salute in seguito a un comune raffreddore o influenza. Le prove, però, non suggeriscono ancora che i sintomi abbiano la stessa gravità o durata di una COVID di lunga durata.
I sintomi a lungo termine
I sintomi a lungo termine associati a una malattia respiratoria non COVID sono apparsi leggermente diversi da quelli di una COVID prolungata, con questi ultimi che hanno riportato maggiori problemi con il gusto e l’olfatto, oltre a giramenti di testa e vertigini.
In particolare, il primo gruppo (non COVID) ha anche riportato una minore prevalenza di dolori muscolari o articolari e di perdita di capelli. Entrambi i gruppi hanno riscontrato una serie di problemi gastrointestinali, neurologici, muscoloscheletrici e cardiopolmonari. Anche la gravità dell’infezione acuta sembrava avere un ruolo nel rischio di sintomi a lungo termine.
Il long COVID
Un report, denominato “The Immunology of long COVID” e pubblicato dalla rivista scientifica Nature, avverte che questa condizione, che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, rappresenta un onere “insondabile” per i pazienti, gli operatori sanitari, i governi e le economie. Il rapporto afferma che la malattia è “multiorgano (e) multisistema” e che anche le infezioni senza sintomi possono causare danni agli organi. È stato inoltre dimostrato che il virus può rimanere nel corpo di una persona e causare micro coaguli di sangue.
Lo studio ha inoltre rilevato che i soggetti affetti da malattie non COVID hanno maggiori probabilità di riferire di avere tosse o voce rauca rispetto a quelli affetti da COVID. Entrambi i gruppi soffrono di affanno e stanchezza. I partecipanti con long COVID hanno mostrato una maggiore probabilità di avere problemi di memoria, difficoltà di concentrazione, battito cardiaco accelerato, sudorazione, perdita di capelli e problemi con il gusto o l’olfatto.